martedì 2 marzo 2010

Curiosità sul bracciale Tennis di diamanti


Il tipico bracciale tennis è originariamente un bracciale flessibile composto da diamanti taglio brillante incastonati su montatura in oro bianco 750, per tutta la lunghezza del bracciale. E’ un braccialetto molto elegante e per nulla pacchiano, di gran classe. I prezzi variano molto a seconda della qualità delle pietre e dalla loro purezza, naturalmente anche le dimensioni e la caratura totale dei diamanti è fondamentale per il costo complessivo.

Sono i bracciali tennis tempestati di diamanti i più amati dagli italiani secondo l’ultimo sondaggio Dicembre 2009 promosso dall’OMG, l’Osservatorio sul Mercato del Gioiello diretto dal trend-setter Silvestro Fiore.
Secondo l’inchiesta condotta su un campione di 1.000 intervistati, di età compresa tra i 30 e i 60 anni, sparsi lungo tutta Italia, questo chi sceglie di regalare preziosi nel 63% dei casi opta per il raffinato braccialetto realizzato con diamanti bianchi o neri.

Simbologia:
Il bracciale tennis con la fila di diamanti che si susseguono senza un inizio né una fine significa amore eterno.
Forse non tutti sanno che la storia del bracciale a rivière di diamanti, oggi chiamato bracciale tennis, è legata al nome della celebre campionessa del tennis mondiale Chris Evert. Nel lontano 1987 la giocatrice statunitense, durante un match del torneo degli US Open, perse la propria rivière di diamanti e chiese al giudice di interrompere la partita in modo da poter ritrovare il prezioso gioiello, subito inquadrato dalle sollecite telecamere. La Evert in conferenza stampa dichiarò che fu la prima volta che si era separata dal suo “tennis bracelet”, dando così inconsapevolmente il nome a uno dei “must” della gioielleria contemporanea.
Direi che il tennis bracelet è proprio un bracciale da non perdere;-)!

lunedì 1 marzo 2010

Il Blue Hope...tra leggenda e storia


É nella misteriosa e affascinante India che fu trovata una delle più straordinarie e conosciute gemme di tutti i tempi. Nel diciassettesimo secolo, il grande avventuriero francese Jean Baptiste Tavernier fu avvicinato in India da uno schiavo che aveva qualcosa di molto interessante da mostrargli.

Lo schiavo era in possesso di una pietra azzurro-grigiastra di 110,50 carati, che a prima vista sembrava essere uno zaffiro; l’esperto Tavernier intuì però immediatamente l’eccezionalità della scoperta e capì di avere tra le mani il più grosso diamante blu al mondo. La pietra era tagliata in stile indiano, per mantenere elevata la caratura a scapito della brillantezza, probabilmente furono lucidate solo le facce naturali del cristallo.

Questo diamante, probabilmente proveniente dalla celebre Kollur Mine, ha una storia particolare; lo schiavo raccontò che la pietra era collocata nell’occhio di un idolo sacro, la divinità indù Sita, la moglie di Rama, che adornava un tempio sul fiume Colerron in India; tale leggenda contribuì ad aumentare la fama di questo diamante, tuttavia la pietra blu gemella, che avrebbe dovuto essere sull’altro occhio dell’idolo, non fu mai stata trovata.

Tavernier acquistò la pietra e la portò a Parigi, dove la vendette nel 1668 al re Louis XIV. Il diamante fu quindi tagliato di nuovo da Sier Pitau, il gioielliere di corte, per migliorarne la brillantezza, in una gemma a forma di goccia triangolare dal peso di 69,03 carati: era la nascita della leggenda di un diamante destinato a diventare celebre, il French Blue (anche detto il Tavernier Blue).

Louis XIV donò la pietra a Madame de Montespan, che uscì però immediatamente dalle grazie del re. In seguito il responsabile delle finanze francesi, Nicolas Fouquet, mostrò nuovamente in pubblico il diamante azzurro in occasione di uno sfarzoso ricevimento in onore di Louis XIV; sfortunatamente dopo la festa Fouquet fu arrestato per truffa alla nazione e la pietra tornò nelle mani del re.

La maledizione legata al “French Blue” era partita: l’idolo sacro, a cui era stato sottratto il suo prezioso occhio azzurro, stava iniziando la sua vendetta.
I successivi proprietari della pietra, il principe di Lambaille e Marie Antoinette furono entrambi ghigliottinati durante la rivoluzione francese.

Il diamante scomparve per molti anni, probabilmente sottratto e nascosto durante la rivoluzione francese; non se ne seppe nulla fino al 1812, quando apparve tra le mani di un commerciante di diamanti di Londra, Daniel Eliason, un diamante di un intenso blu-grigiastro di 44,50 carati, senza dubbio ricavato dal French Blue.

La pietra era stata quindi tagliata di nuovo, perdendo ulteriormente di peso, ma guadagnando in brillantezza (durante una puntata del 2005 di Discovery Channel fu anche dimostrato che nessuna pietra minore fu ricavata durante le nuove operazioni di taglio).
Nel 1824 il banchiere inglese, Henry Thomas Hope, acquistò il French Blue.
Nel 1851, durante la “Great Exhibition” a Londra, la pietra fu presentata come Blue Hope, il più grande diamante blu al mondo e assicurata per una cifra stratosferica.

Il Blue Hope fu ereditato da Lord Francis Pelham Clinton Hope, che lo regalò a sua moglie May Yohe; lord Pencis fu abbandonato e andò in bancarotta, mentre la sua ex-moglie morì sola e in povertà, lamentandosi della sfortuna che le aveva procurato la pietra.

Il successivo proprietario di cui se ne abbia notizia fu Abdul Hamid II, sultano di Turchia, soprannominato Abdul il Dannato, che acquistò la pietra da un gruppo di commercianti di diamanti per 450 mila dollari.
Il sultano regalò la pietra a Subaya, una delle sue 237 donne. Subaya fu in seguito scoperta a tramare contro il sultano e fu decapitata, Abdul Hamid II fu invece spodestato e privato delle sue ricchezze. E l’idolo sacro gioiva dall’aldilà.

Mrs Evalyn Walsh McLean osservò il Blue Hope durante una visita in Turchia e se ne innamorò; quando la pietra fu contrabbandata e messa in vendita a Parigi, Mrs Mclean non perse l’occasione e l’acquistò nel 1911.
Il gioiello con il Blue Hope fu sfoggiato dalla nuova proprietaria in tutte le occasioni mondane che si svolsero a Washington fino al 1947, anno in cui morì Mrs McLean suicidandosi.

Due anni dopo l’intera collezione di gioielli di Mrs McLean fu acquistata da Henri Winston.
Mr. Winston tentò di vendere questo diamante splendido e “maledetto”, ma non riuscì a trovare nessun acquirente (molte persone si rifiutarono persino di toccarlo). Fu così che Henri Wiston, il 10 Novembre del 1958, decise di donare il Blue Hope allo Smithsonian Institute di Washington, il luogo dove tuttora è esposto questo splendido e unico diamante.

Winston non credette mai alle maledizioni del diamante e morì nel 1978 all’età di 82 anni. Solo nel 1975 la pietra fu momentaneamente rimossa per essere pulita e pesata, fu così che i tecnici dello Smithsonian scoprirono che il peso reale è di 45,52 carati e non di 45,50.

Il Blue Hope non è il più grande diamante blu al mondo (è bensì il quarto), ma è il più grande se si considerano solo i diamanti blu intenso. Il colore blu è dovuto a tracce di boro, la pietra mostra fluorescenza rossa se esposta alle radiazioni UV ed è classificata come diamante di tipo IIb; il grado di purezza è VS1, le dimensioni esatte sono 25, 60 × 21,78 × 12,00 mm.

Con le nuove tecniche di ricerca, tramite analisi al computer, è stato possibile dimostrare che il Blue Hope è realmente quel che resta del diamante di 110,50 carati trovato in India e in seguito modificato da Louis XIV (il French Blue).

Nonostante le numerosi storie nefaste legate alla maledizione del Blue Hope, lo Smithsonian Institute lo ha collocato come pezzo principale della sezione denominata “National Gem Collection”.
Il Blue Hope, con un valore stimato tra i 200 e i 250 milioni di dollari, è oggi la pietra più ammirata e lo Smithsonian deve parte della sua fama e dei milioni di visitatori proprio a questo leggendario diamante non più “maledetto”... fino a quando l’idolo sacro non avrà nulla in contrario!